Dott.ssa F. Rota

A differenza del cane, il gatto è un animale sociale “facoltativo”, che sceglie cioè di esserlo.

I progenitori selvatici dei mici di casa (Felis silvestris lybica e Felis silvestris silvestris) conducono una vita solitaria e gli incontri tra individui della stessa specie avviene solo nel periodo dell’accoppiamento.

I fattori che maggiormente influenzano la socialità del gatto domestico, ovvero la sua disponibilità a convivere in un gruppo, sono essenzialmente tre:

1. La disponibilità/ distribuzione delle risorse, soprattutto del cibo;
2. L’ampiezza del territorio;
3. La densità d’individui nel territorio.

Quando i gatti decidono di aggregarsi, formano le c.d. “colonie”, composte essenzialmente da femmine consanguinee (che possono cooperare tra loro nell’allevamento della prole) e da maschi sessualmente immaturi o castrati.

Il territorio della colonia tende ad essere ben definito.

I maschi sessualmente maturi ed attivi sono meno stanziali, hanno un territorio molto più ampio, che può comprendere quello di più femmine.

Confrontando le colonie feline con i branchi canini, ci si rende facilmente conto di come l’organizzazione sociale al loro interno sia diversa: se infatti in un branco ogni individuo riveste un proprio ruolo (cosa faccio) e rango (chi sono), lavorando in piena collaborazione con gli altri membri del gruppo, in una colonia non si ha una struttura gerarchica così ben definita.

Per questo motivo, il gatto è definito animale “conviviale”, che per sopravvivere non fa affidamento sugli altri, ma solo su se stesso.

In stretta correlazione a questa spiccata individualità ed indipendenza (tipica tra l’altro della maggioranza dei felini, leoni esclusi), il territorio, nello specifico la sua perfetta conoscenza,  riveste, per il micio, un’importanza vitale, poiché da questa dipende la sua sopravvivenza…

Questo è il motivo per cui i gatti reagiscono molto male ai cambiamenti (anche minimi) all’interno del loro ambiente di vita.