La comunicazione del gatto

Dott.ssa F. Rota

 

Alla base di qualsiasi relazione c’è la comunicazione, la capacità che ha un individuo (mittente) di trasmettere un’informazione (messaggio) ad un altro (destinatario/ricevente).

Nell’uomo, a differenza che in tutte le altre specie (eccezion fatta solo per gli uccelli), la particolare storia evolutiva ha fatto sì che si sviluppassero essenzialmente due “vie di comunicazione”:

  1. Comunicazione acustica/vocale (legata alla peculiare conformazione dell’apparato vocale);
  2. Comunicazione visiva (correlata alla statura eretta).

La comunicazione posturale, tattile ed olfattiva (soprattutto quest’ultima), hanno perso importanza nella nostra specie, tanto che la maggior parte delle persone ha difficoltà a “leggere” e decifrare l’immancabile comunicazione non
verbale (fatta ad es. di posture, atteggiamenti, espressioni), che, più o meno consapevolmente, accompagna i nostri discorsi.

Nel gatto (così come nel cane), le principali vie di comunicazioni sono:

  1. Comunicazione olfattiva (a noi completamente preclusa);
  2. Comunicazione visiva;
  3. Comunicazione tattile.

La comunicazione acustica/vocale è il fanalino di coda, rivestendo un ruolo solo marginale.

Ricapitolando:

  • L’uomo basa la sua comunicazione sulla voce, ma il gatto non può parlare;
  • Il gatto basa la sua comunicazione sugli odori, ma l’uomo non ha un olfatto abbastanza fine da poterli percepire e comprendere…
  • Quindi fraintendimenti tra le due specie sono frequenti.

Come ovviare a ciò?

Sfruttando al massimo l’unica via comunicativa condivisa da entrambe: quella visiva para-vocale!
Impariamo allora a “leggere” il nostro micio, o meglio a cercare di capire cosa vorrebbe comunicarci.

La postura: ovvero cosa dice il corpo.

Importante:

Apriamo una piccola parentesi su uno dei più diffusi luoghi comuni… la proverbiale inimicizia tra cani e gatti, così unanimamente accettata e riconosciuta da aver dato vita al detto popolare “essere come cane e gatto”.
Da cosa deriva l’apparente odio atavico tra queste due specie?
La risposta è semplice: da un fraintendimento comunicativo!
Come la maggior parte delle persone sa, per un cane mettersi a pancia all’aria è un segno di assoluta fiducia (un tempo si diceva di “sottomissione”), ma anche di resa verso l’interlocutore.
In questa posizione l’animale espone le sue parti più vulnerabili: pancia, gola e genitali, abbandonandosi alla mercè di chi ha di fronte.
D’altro canto, è altrettanto noto che in un cane, una delle più eclatanti manifestazioni di affetto e gioia, sia lo scondinzolare festoso e rilassato della coda, che si muove fluida in ampie oscillazioni laterali…
E nel gatto? Il discorso, per il piccolo felino domestico è differente, anzi, si può dire che entrambi i comportamenti suddetti assumano un significato diametralmente opposto che per Fido.
In un gatto la postura pancia all’aria, con le zampe leggermente flesse e la testa sollevata dal suolo, è un chiaro segnale di lotta, che ha il significato di: “Ti sto aspettando e non mi tirerò indietro nel caso tu mi voglia attaccare, ho unghie affilate e denti aguzzi e sono pronto ad usarli se ti avvicinerai !”.

Analizziamo meglio l’immagine sopra: in essa il gatto rosso è sì sulla schiena ed idealmente espone la pancia vulnerabile, ma nella realtà si sta preparando ad affrontare nel migliore dei modi il suo contendente tigrato. Le zampe anteriori sono pronte ad afferrare e bloccare l’avversario, che verrà poi colpito con forza con le zampe posteriori (scalciando proprio sul delicatissimo addome) e con morsi violenti.

E lo scodinzolare?! Nel gatto non è certo un segno di serenità ed amicizia, nel migliore dei casi indica piuttosto indecisione e noia/fastidio, ma può essere premonitore di sentimenti ben più violenti e negativi, quali ad esempio rabbia e frustrazione.
Da quanto detto finora si può facilmente comprendere come l’inimicizia tra Fido e Micio sia in realtà esito di un’incomprensione comunicativa, dimostrata anche dal fatto che, cuccioli appartenenti alle due specie, ma cresciuti insieme e quindi “educati” a comprendere ed interpretare correttamente i messaggi inviategli dall’altro, diventino amici sinceri ed inseparabili, per i quali le differenze e le animosità di specie sono problematiche superate.

La mimica: ovvero le espressioni del muso.

La prossemica: ovvero l’arte di porsi rispetto agli altri.

Ogni individuo ha degli spazi (definiti bolle o zone), più o meno ampi, all’interno dei quali permette o no la presenza di altri:

  1. Zona pubblica: molto ampia, è quella in cui è ammessa e tollerata la presenza di estranei;
  2. Zona sociale: è quella in cui è ammessa e tollerata solo la presenza di conoscenti
  3. Zona individuale (o personale): è quella in cui è ammessa e tollerata solo la presenza degli amici;
  4. Zona intima: molto, molto ristretta e vicina all’individuo, è quella in cui sono ammessi solo gli amici più intimi ed i familiari.

Logicamente, l’ampiezza delle singole zone dipende dal carattere del soggetto… i timidi e gli insicuri tenderanno ad avere delle bolle più grandi.

Non rispettare le zone di prossemica di un animale, domestico o selvatico che sia, può portare ad aggressioni da parte di esso, quindi è importantissimo imparare a conoscere e rispettare le bolle del nostro micio.

La comunicazione vocale: basta un po’ di allenamento per diventare dei virtuosi.                                               
Anche se abbiamo detto che la voce non è il mezzo comunicativo prediletto dal gatto, diversi studi hanno dimostrato che i soggetti che vivono a stretto contatto con l’uomo hanno imparato a sviluppare delle abilità vocali maggiori rispetto ai selvatici od ai randagi.
In altre parole il micio di casa cerca di aiutarci e di farsi capire da noi in tutti i modi, arrivando ad usare, molto più di quanto farebbe normalmente in natura, la voce come canale comunicativo.

Fusa: nel 2015 gli scienziati non hanno ancora esattamente compreso come vengano prodotte.
Hanno una frequenza fissa di 25 cicli al secondo, sono emesse in situazioni di piacere, ma anche di difficoltà e dolore, infatti servono, non solo ad esprimere gioia, tranquillità, appagamento, ma anche per auto-tranquillizzarsi.

Miagolii: emessi per incontri sociali amichevoli, i gattini imparano a miagolare solo dopo lo svezzamento (quando, cioè, inizia la vita sociale). MOLTO usati con l’uomo.
Borbottio: tipico dei cuccioli;
Soffio: è un segnale di disapprovazione;
Sputo: emesso per bloccare/intimidire un nemico;
Strillo: prodotto in situazioni di stress, o come urgente richiesta di aiuto;
Sibilo e soffio: indicano aggressività;
Schiocco: suono peculiare, unico, di gola, associato spesso a rapidi movimenti della mandibola, è prodotto da alcuni individui alla vista di una preda.

La comunicazione olfattiva: un mondo perduto.

I nostri animali domestici, gatto compreso, vivono in un mondo di odori, a noi completamente precluso.
Come anticipato sopra, la comunicazione olfattiva riveste un ruolo di primaria importanza per il piccolo felino di casa, perché tramite essa vengono inviati messaggi complessi e duraturi nel tempo.
Si potrebbe quasi paragonare la “marcatura olfattiva” alla nostra comunicazione scritta; un odore ha infatti due caratteristiche distintive, che lo rendono unico rispetto a qualsiasi altro mezzo di comunicazione:

  1. E’ duraturo (a differenza di un suono);
  2. Può essere “letto ed interpretato” dal destinatario anche a distanza di tempo.

Come avviene per il cane, il gatto utilizza gli odori ed in paticolar modo i feromoni prodotti da ghiandole localizzate in punti strategici del suo corpo (muso, polpastrelli, zona peri-anale, mammelle… etc), per “marcare” oggetti, luoghi ed anche esseri viventi.

Queste marcature odorose servono al micio di casa per:

  • Delimitare i suoi spazi, facendolo sentire sicuro all’interno del suo ambiente e segnalando la sua presenza ad eventuali ospiti;

  • Identificare i membri del proprio gruppo familiare (quando si struscia vs le nostre gambe, o strofina la sua fronte su di noi, sta in realtà depositando dei feromoni detti “di appartenenza”);

  • Informare i cospecifici di particolari stati fisiologici (es. le urine di una femmina in calore sono ricche di feromoni che hanno la funzione di attirare il maschio e di fargli sapere che la compagna è recettiva);
  • Favorire il legame di attaccamento tra la mamma ed i cuccioli (alla nascita, quando sono ciechi e sordi, i gattini riconoscono la figura materna dall’odore e la mamma produce dei feromoni “di attaccamento”, che tranquillizzano e rassicurano i neonati).

Importante:

Ben risaputo è che i gatti maschi interi, raggiunta la maturità sessuale, inizino a deporre delle particolari marcature urinarie, atte a delimitare il territorio.
L’atteggiamento del maschio che marca è peculiare: si avvicina con il posteriore ad una superficie verticale (una parete, un tronco, un oggetto), indietreggia di qualche passo e, con la coda ben alta e “fremente”, spruzza qualche goccia di una particolare urina, dall’odore caratteristico, pungente e persistente.

Le urine di questa marcatura sono emesse sempre su superfici verticali e sono di esigue quantità.
Il comportamento è forse la principale causa di richiesta di castrazione per i soggetti che vivono in casa, ma va precisato che il comportamento, come d’altronde tutti quelli legati alla sfera riproduttiva-sessuale, è sia innato che appreso.
Questo significa che, castrare un gatto adulto, che ha avuto modo di affinare e strutturare questo atteggiamento innato, potrebbe migliorare, ma non risolvere il problema delle marcature.

Le graffiature:

Anche se per molti proprietari, il farsi le unghie del micio è un atto assolutamente sgradito e da inibire, in realtà questo comportamento è normale espressione dell’etogramma felino.
In altre parole un gatto DEVE potersi fare le unghie, perché, con questo gesto:

  1. Mantiene efficienti gli artigli, garantendone il fisiologico consumo e favorendo il distacco e la sostituzione dell’unghia più superficiale e logora, con quella nuova sottostante (nei soggetti anziani, in cui spesso, per disturbi artrosici, il comportamento scompare, si può avere una crescita abnorme dell’unghia, che può arrivare ad incurvarsi fino a ferire il polpastrello!);
  2. Marca, sia con un segnale visivo (la graffiatura), che olfattivo (i feromoni presenti tra i polpastrelli) il suo territorio, soprattutto i luoghi di passaggio, sentendosi quindi al sicuro nel suo ambiente.

E’ quindi importante mettere a disposizione del felino domestico uno o più oggetti su cui possa liberamente farsi le unghie, senza causare la distruzione di mobili o tappeti preziosi.
In commercio esistono diversi modelli di tira-graffi, dalle forme più semplici, alle architetture più complesse.
Ogni gatto avrà le sue preferenze, in genere, i più prediligono una semplice scatola di cartone, mentre per altri un tappetino od un ciocco di legno rappresenteranno la soluzione migliore.

Tira-graffi in cartone                                                         Torre tira-graffi                                       Tappetino tira-graffi

Qualunque sia il tipo di tira-graffi su cui ricadrà la scelta del gatto e del proprietario, è importante che:

  • Sia posto in un luogo facilmente accessibile (possibilmente ne andrebbero collocati almeno un paio, in punti diversi di casa);
  • Sia stabile e non rischi di cadere addosso al micio che lo sta usando;
  • NON SIA SOSTITUITO TROPPO SPESSO! Il tira-graffi DEVE essere graffiato, consumato, usato. Per molti gatti il bello del tira-graffi è dato proprio dal fatto che sia “vissuto”, infatti, spesso, se viene sostituito con uno nuovo e del tutto intonso, questo verrà ignorato.

Importante:

L’asportazione chirurgica delle unghie, termine tecnico “onichectomia” è una prassi assolutamente vietata in Italia!
Essa rappresenta una vera e propria mutilazione e causa un dolore ed un disagio persistenti, che possono essere paragonati a quelli di una amputazione.

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